Come migliorare la forza in palestra.
Come aumentare la forza muscolare in palestra e fuori grazie all’utilizzo del resistance training, ovvero dell’allenamento contro resistenze?
La forza non è una singola cosa: può assumere diverse forme e modalità di espressione.
Quando pensiamo alla forza nella maggior parte dei casi pensiamo a strongman o powerlifters che fanno squat o stacchi per una ripetizione pesantissima e che non a caso si muove lenta.
Come mai si muove lenta? Perché la forza ha bisogno di tempo per essere espressa nella sua forma massima.
Se hai 0,1 secondo a disposizione, come avviene in diverse attività sportive, non hai il tempo sufficiente per esprimere forza massima, ma puoi esprimere forza esplosiva.
Forza massima e velocità di movimento infatti sono inversamente proporzionali: non puoi muovere carichi altissimi in maniera rapidissima, o semplicemente – per definizione – non sono carichi massimali.
Per questo uno dei metodi più recenti per aumentare la forza è il Velocity based training che si basa proprio sull’allenare non tanto ragionando in carico assoluto, ripetizioni e serie, quanto in velocità del bilanciere.
Se il bilanciere è carico di tot kg, e tu imprimi massima velocità allo stesso, e si muove ad oltre 1m/s, semplicemente non stai allenando la forza massima.
Se si muove a 0,3-0,5 m/s, allora probabilmente il carico scelto è giusto per massimizzare i guadagni di forza massima.
In questo articolo mi concentrerò sul come aumentare la forza muscolare intesa come forza massima, e non sul come aumentare la forza esplosiva o la forza veloce o quella resistente.
Fattori che influenzano la forza massima
Esistono diversi fattori che agiscono nell’espressione della forza, che generalmente riconosciamo in una contrazione dinamica volontaria.
- Massa muscolare
- Tipo di fibre
- Inibizione autogena
Più massa muscolare sfruttiamo per generare forza, più forza produrremo: non è un caso se muoviamo più kg allo squat che al curl con bilanciere, in quanto nel primo caso useremo enormi masse muscolari, nel secondo pochissime.
Per aumentare la forza massimale che siamo in grado di esprimere, di conseguenza, non esiste un solo tipo di lavoro, in quanto dobbiamo migliorare il più alto numero possibile di fattori che influenzano la forza.
Analizziamoli assieme.
Il tipo di fibre è questione di genetica, e non possiamo farci nulla (o quasi): se hai prevalentemente fibre muscolari bianche, sei fortunato soprattutto per quanto concerne l’espressione di forza esplosiva e per il potenziale di massa muscolare che puoi guadagnare.
L’inibizione autogena è un meccanismo di autodifesa del corpo che risponde “frenando” i nostri muscoli dal generare troppa tensione quando già ne percepisce una quantità eccessiva. Esistono modi, come la pliometria e l’allenamento della forza massima, che indeboliscono tale meccanismo, ma non è su questo che dovremo soffermarci troppo.
Per quanto riguarda le leve e la biomeccanica, anche in questo caso, c’è poco da fare: se hai le braccia molto lunghe, puoi avere la migliore periodizzazione del miglior coach al mondo, studiata su misura, e sicuramente avrai ottimi risultati… Ma non sarai mai nell’Olimpo dei Panchisti migliori del mondo, mi spiace.
Se hai le braccia molto corte, che si sposano benissimo per la panca piana, ho una pessima notizia anche per te: puoi farlo 1,2,3,4,5 volte a settimana, ma il tuo stacco da terra soffrirà sempre.
C’è un motivo se i nani non possono giocare in NBA, ma possono vincere le gare di Powerlifting, e gli spilungoni di 2,25m possono fare milioni di dollari l’anno in NBA, ma difficilmente saranno tra i migliori panchisti al mondo: le braccia sono troppo lunghe.
Cosa serve davvero alla forza?
Quindi, come aumentare la forza muscolare grazie ai pesi se sulle leve e sulla genetica possiamo farci poco o nulla?
Possiamo lavorare per incrementare solo poche cose, che ci porteranno ad aumentare la forza massima e quella esplosiva:
- Quantità di massa muscolare
- Frequenza di scarica del sistema nervoso centrale
- Efficienza del gesto motorio
Uno dei fattori chiave in assoluto per aumentare la forza massima è proprio la quantità di massa muscolare che abbiamo addosso.
Se sei pronto a dire “eh ma il mio amico di 66kg solleva più di te”, fermati subito: il tuo amico è fortissimo, sicuramente, ma quelli della categoria superiore di peso lo battono. Praticamente sempre.
C’è un motivo se le gare di powerlifting sono suddivise in categoria di peso, e se nessun atleta sotto i 100 kg ha mai vinto una gara di strongman, no?
Migliorare sotto l’aspetto del sistema nervoso centrale avviene sostanzialmente in automatico quando utilizziamo alti carichi (dall’80% dell’1RM in su) abbinati al Compensatory Acceleration Training, ovvero al tentativo di imprimere massima accelerazione al carico.
Fare lavoro a carichi pesanti produce un aumento della forza muscolare grazie ad una migliore efficienza del sistema nervoso centrale, che migliora la frequenza di scarica e produce contrazioni più forti.
Per quanto riguarda la tecnica? Ho già più volte espresso il mio parere in merito, ma per riassumere: la tecnica è sicuramente molto importante, ma puoi fare tutti i 10×10 al 50% che vuoi, se poi non metti carne addosso e non usi alti carichi, debole rimani.
La tecnica ha evidentemente una sua forte rilevanza, perché fare correttamente gli esercizi è essenziale: bisogna però ricordarsi del fatto che la tecnica al 70% del massimale è diversa dalla tecnica al 90% del massimale.
Per questo semplice motivo sono contrario all’eccessivo lavoro puramente tecnico, che non induce altri adattamenti a causa del basso effort e bassi carichi, al 70% circa dell’1RM, se non per principianti o per chi è agli inizi o poco più.
Per imparare a esprimere forza massima, serve necessariamente utilizzare anche alti carichi (sopra l’80% dell’1RM).
Come aumentare la forza muscolare massima?
Devi concentrarti primariamente sull’alternanza di due tipologie di lavoro diverse:
- Aumento della massa muscolare
- Aumento dell’efficienza del sistema nervoso centrale
Il miglioramento della tecnica può avvenire in entrambi questi i casi.
Da qui nasce l’esigenza di saper periodizzare, in primis, e programmare correttamente gli allenamenti.
Non potremo lavorare sempre per massimizzare l’aumento dell’ipertrofia, così come non potremo dedicarci solamente al miglioramento dell’efficienza del sistema nervoso centrale.
Dovremo alternare le due fasi per ottenere adattamenti migliori sul lungo termine: non a caso si parla di mesi ed anni di lavoro, e non poche settimane, per ottenere tangibili aumenti di forza massima ed esplosiva.
Esistono mille scuole di pensiero sul tema allenamento forza massima e della forza esplosiva, ma tutti, in un modo o nell’altro, devono passare da queste due cose essenziali.
- Maggiore massa muscolare può esprimere più forza massima
- Il sistema nervoso centrale deve essere sempre più efficiente nell’esprimerla
E per farlo, si può ricorrere, nelle loro molteplici forme, a questi tre metodi.
Come aumentare la forza muscolare – Linee guida.
Per l’ipertrofia muscolare, in estrema sintesi:
- Medio alto volume allenante
- Nucleo del lavoro tra i 6 ed i 12 RM, ma tutte i range di ripetizioni ad adeguato volume possono funzionare
- 1-3 ripetizioni in riserva in media, a volte a cedimento muscolare
- Frequenza di almeno 2 sedute allenanti per muscolo a settimana
Per aumentare la forza massima, in estrema sintesi:
- Medio volume allenante
- Nucleo del lavoro tra 1 e 5RM
- Carichi tra 80-100% del massimale
- Frequenza variabile
- Maximal intent nell’esecuzione (accelerazione massima del bilanciere)
Se vuoi guardare all’aumento della forza ed hai ampio tempo per lavorarci, allora il focus primario deve essere l’aumento della massa muscolare, che potrà in un secondo momento garantirti maggiore forza massima.
Hai invece bisogno di diventare rapidamente più forte di così? Investi tutto sull’efficienza del sistema nervoso centrale e dimenticati di serie a medio-alto volume allentante: allenati a basse ripetizioni, pesanti, con ampio recupero tra le serie.
Importanza dei tempi di recupero.
Nel mondo della palestra non esistono comportamenti che siano validi per chiunque.
Per quanto la letteratura scientifica sia in grado di rispondere a molte più domande rispetto al passato, rimane il fatto che un determinato esercizio può risultare più efficace per un individuo rispetto ad un altro, così come una dieta specifica può dare importanti benefici a qualcuno e minori benefici a qualcun’altro.
Anche con i tempi di recupero funziona in questo modo: esistono delle linee guida, che ognuno poi adatta su di sé insieme al proprio istruttore.
Le variabili delle quali tener conto sono lo stato di forma iniziale della persona, che deve essere sottoposto ad un’attenta valutazione da parte di un allenatore, il tipo di prestazione sportiva e l’obiettivo che si vuole raggiungere, l’alimentazione, la qualità/quantità del sonno e altri fattori congeniti e individuali.
L’unica cosa certa è che il riposo è fondamentale per raggiungere i risultati prefissati, rubare tempo ai momenti di stacco per allenarsi non porta a raggiungere prima l’obiettivo: non recuperando, il corpo non beneficia nel modo giusto dell’attività svolta, allungando così i tempi di recupero.
Per capire meglio quello di cui stiamo parlando, partiamo dal concetto di fatica nello sport.
La fatica e il recupero
La fatica è uno stato di calo della prestazione dovuto ad un indebolimento delle capacità psico-fisiche. I fattori che la influenzano sono:
- la deplezione delle scorte di glicogeno intramuscolari ed epatiche
- l’accumulo di cataboliti (ormoni e proteine derivanti dal lavoro stressante nell’attività fisica) nel sangue, come cortisolo e lattato
- lo stress al livello del sistema nervoso centrale
- l’alterazione dei livelli di magnesio, calcio e potassio contenuti nel sangue
- l’apporto di ossigeno, che in un’attività fisica ad alta intensità dev’essere adeguato alla prestazione
Per recuperare, sono necessarie alcune accortezze di cui tenere conto a secondo dell’attività svolta.
In generale, le regole da seguire per un riposo ottimale sono:
- buona alimentazione, che contribuisce al corretto recupero psico-motorio grazie al ripristino delle riserve energetiche (zuccheri, proteine, lipidi e sali minerali).
- buon sonno, che permette il ripristino della normale funzionalità muscolare attraverso l’ormone della crescita.
- buon timing negli allenamenti, cioè sapere dosare le settimane, i giorni e le ore di allenamento sui vari gruppi muscolari. Il muscolo ha una “memoria” di circa 36 ore, all’interno delle quali bisogna evitare di caricarlo ulteriormente dopo averlo già allenato.
- buona struttura degli allenamenti, che siano in grado di dare il corretto stimolo di miglioramento, portando però al minimo il rischio di sovrallenamento.
A questo punto, come detto all’inizio, è compito dell’atleta e del suo coach capire da cosa è causato il calo delle prestazioni e trovare il modo migliore per aiutarlo a recuperare.
Ci riserviamo comunque di lasciare alcuni consigli validi per tutti:
- non andare in palestra digiuni
- alimentarsi con un anticipo di 2 ore rispetto all’allenamento
- alimentarsi con i substrati energetici giusti in base al tipo di attività che si andrà a svolgere
Rapporto allenamento/riposo nel bodybuilding e nell’attività aerobica
Bodybuilding
Quando si fa bodybuilding l’obiettivo è quello di aumentare la massa muscolare del distretto muscolare che si sta allenando.
Il recupero in questo caso è fondamentale perché se tra un set e l’altro non ci si prende il giusto tempo di riposo, la forza finisce per risentirne. Allo stesso tempo, se ci si ferma per un periodo di tempo troppo lungo, il battito cardiaco rallenta e l’intensità dell’allenamento diminuisce troppo.
Solitamente gli allenatori consigliano pause di circa un minuto e mezzo o meno a seconda dei gruppi muscolari coinvolti, delle fibre che li compongono e dello stato di forma del soggetto che si allena.
I grandi gruppi muscolari recuperano più lentamente dei piccoli ed i tempi di recupero in questo caso possono arrivare anche a 2 minuti.
Un altro caso riguarda i muscoli costituiti principalmente da fibre a contrazione lenta che dovrebbero essere allenati con pause più brevi tra un set e l’altro, con carichi minori e con un maggior numero di ripetizioni.
Quando l’obiettivo ultimo è l’ipertrofia muscolare, il corpo ha bisogno dei suoi tempi fisiologici per tornare allo stato iniziale. Si consigliano dalle 24 alle 48 ore di riposo per i principianti/intermedi tra una sessione di allenamento e l’altra. Per ridurre e migliorare i tempi di recupero è possibile eseguire il defaticamento a bassa intensità in un ambiente acquatico.
Per quanto riguarda l’alimentazione, una dieta iniziale deve puntare ad essere normocalorica e ricca di proteine. Prima di iniziare una dieta di questo genere è bene eseguire un esame con un metabolimetro, rivolgendosi sempre a professionisti certificati.
Il metabolimetro è uno strumento di valutazione che consente di misurare il metabolismo a riposo e il consumo massimo di ossigeno. Una volta ricavati questi dati è possibile comprendere come aumentare la quota proteica, che può arrivare da 1.5 a 1.8 g su 1 kg di peso corporeo. Fondamentale è anche l’apporto di acqua.
Attività aerobica
L’attività aerobica ha come caratteristica il consumo di energie tratte dalle riserve di zuccheri (glicogeno) e, per sostenere lo sforzo, dai grassi di deposito. Ciò avviene grazie all’utilizzo dell’ossigeno come “combustibile” per bruciare i substrati energetici, che viene fornito ai muscoli attraverso il sistema cardiovascolare.
Alcuni esempi di attività aerobiche sono la camminata, la corsa, il ciclismo, il nuoto, lo sci di fondo, la cyclette e il tapis roulant;
Con queste attività il recupero è fondamentale, non per un dispendio di forze come nel bodybuilding, ma per tutelare le articolazioni.
Infatti, il corpo necessita di riprendersi non dallo sforzo anaerobico (carenza di ossigeno) del bodybuilding, ma dallo sforzo aerobico (si consumano grassi a discapito degli zuccheri). E nel caso di attività aerobica prolungata si necessita l’integrazione di alimenti a pronto consumo (glucosio, maltodestrine e così via).
Il post allenamento diventa quindi fondamentale per far tornare alla normalità le scorte di glicogeno e grassi intramuscolari.
Uno degli obiettivi dell’attività aerobica è quello di portare il fisico ad una capacità di sopportazione dello stress muscolare sempre maggiore, portando i tempi di recupero al minimo tra un allenamento e quello successivo.
L’importante in queste discipline è variare la routine, cambiando gli orari, il numero, l’intensità e le tipologie di allenamento durante la settimana.
Conclusioni
In conclusione si può affermare che i tempi di recupero variano molto da persona a persona e in base all’attività fisica svolta.
Il riposo dipende soprattutto dal livello di stress globale, tenendo quindi conto di come la persona vive al di fuori della palestra e mettendolo in correlazione a quello che è lo sforzo compiuto durante l’allenamento.
Infine, bisogna tener conto che più aumenta il livello di atleticità e minore sarà il riposo necessario, essendo che il corpo si abituerà a livelli di stress psico-fisici sempre maggiori.
Serie di avvicinamento al carico: a cosa servono.
Che siate principianti o atleti avanzati, il concetto di riscaldamento è sempre di importanza vitale quando si tratta di allenarsi “in modo efficace”.
In quale modo è bene prepararsi per affrontare al meglio una serie allenante? Come avvicinarsi ed affrontare un 3×8 su una scheda di allenamento? Allenarsi in modo efficace richiede un adeguato riscaldamento. Questo vale per tutti, sia novizi che avanzati. Chi ha già molta esperienza in allenamento probabilmente lo sa già… approcciarsi a 2 o 3 serie di Squat o Leg Press pesanti richiede il giusto approccio.
Impensabile partire con la prima serie utilizzando già il carico allenante, se questo è di 150, 200 o 250 kg. Occorre la giusta preparazione. E per un principiante? Vale la stessa cosa, con le dovute proporzioni.
Andiamo a vedere come prepararsi ad una serie allenante.
Warm-up o riscaldamento.
Sono serie da applicare in genere all’inizio dell’allenamento, ma vanno usate sempre prima di un esercizio complesso e multiarticolare che permette l’uso di grandi carichi. Lo scopo del warm-up è duplice: da una parte serve per preparare il sistema nervoso al lavoro (quindi per prendere confidenza con lo schema motorio) e dall’altra per far adattare articolazioni e muscoli.
Attenzione però, devi interpretare il warm-up nel modo giusto. Spesso si carica troppo oppure si eseguono troppe ripetizioni. In questo modo arriverai alle serie allenanti già stanco. L’utilità di questo lavoro è di andare ad eseguire nel modo più efficace possibile le serie effettivamente allenanti. Se ti stanchi troppo prima, non renderai nelle serie che veramente contano.
Facciamo un esempio di come funziona un warm-up:
Esercizio: Leg Press
Obiettivo: 3×8 rip con 200kg
Warm-up o riscaldamento:
– 8 rip con 90kg
– 6 rip con 100kg
– 4 rip con 140kg
– 2 rip con 180kg
– 1 rip con 200kg
I recuperi dovranno essere completi. Quindi nelle prime serie piuttosto brevi, nelle ultime via via più lunghi.
Feeder set o serie preparatorie
Anche queste sono serie di prova utili per prendere confidenza con il carico allenante. Si tratta di un lavoro simile al warm-up o riscaldamento, ma molto più semplice. Vengono utilizzati con esercizi di isolamento dove i carichi raggiungibili non sono elevati (o almeno, non come in esercizi multiarticolari).
In genere il lavoro consiste in un paio di serie di preparazione dove devi aumentare il carico gradualmente, mantenendo un basso numero di ripetizioni.
Facciamo un esempio di come funziona una serie preparatoria:
Esercizio: Leg Extension
Obiettivo: 3×8 rip con 70kg
Feeder set o serie preparatorie:
– 6 rip con 30kg
– 3 rip con 50kg
Anche in questo caso i recuperi dovranno essere completi.
Ramping
Sono serie di avvicinamento al carico, ma mantenendo fisso il numero di ripetizioni. E’ un lavoro piuttosto lungo, che si presta bene soprattutto se non conosci il tuo 6/8/10RM (a seconda di quello che devi fare).
Lo scopo del Ramping è appunto arrivare ad identificare il massimo peso gestibile per tot ripetizioni, facendo al contempo un lavoro di avvicinamento. Nella pratica funziona così: si eseguono vari set aumentando via via il carico. Nelle prime serie sarà facile visto che, quasi sicuramente, il peso scelto sarà volutamente basso (in fin dei conti dobbiamo anche “scaldarci”).
Ma via via che si procede la percezione di fatica aumenta. In effetti in un lavoro di questo tipo si ha un grande accumulo di fatica, pur mantenendo pause complete.
Facciamo un esempio di come funziona un Ramping:
Esercizio: Leg Extension
Obiettivo: trovare il nostro 8RM
Ramping:
– 8 rip con 30kg (facile)
– 8 rip con 50kg (media intensità, c’è margine)
– 8 rip con 60kg (inizia a sentirsi)
– 8 rip con 65kg (impegnativa)
– 8 rip con 70kg (forse ci siamo)
– 8 rip con 75kg (8° uscita a stento)
Con un lavoro del genere l’ultima serie ti ha permesso di identificare il tuo 8RM. Anche le 2/3 serie prima però sono considerabili allenanti. Proprio per questo accumulo di fatica il tuo 8RM è forse leggermente falsato, ma comunque piuttosto attendibile.
Conclusioni
Ora sai come avvicinarti correttamente al carico allenante. Un conto è fare 3 serie da 8 senza scaldarsi, un conto è farle dopo un’adeguata preparazione. Questo discorso è valido per chiunque, principiante o avanzato. Non puoi sottovalutare un adeguato riscaldamento se vuoi allenarti in modo efficace.
Importanza del riscaldamento.
Un buon riscaldamento è fondamentale?
Davvero il riscaldamento è importante per lo svolgimento dell’allenamento? Quali effetti ha sul nostro corpo? Deve sempre essere accompagnato allo stretching in fase preparatoria? Se anche tu hai questi dubbi e vuoi capirne un po’ di più sull’argomento, leggi il post: qui abbiamo il parere di un fisioterapista che ci spiega in modo chiaro ogni dettaglio!
Quasi sempre chi pratica una qualsiasi attività fisica tralascia o attribuisce scarsa importanza al riscaldamento, che è al contrario la fase cruciale di ogni allenamento, utile a garantire il giusto approccio, fisico e mentale, alla prestazione, sia essa amatoriale o professionistica. Il motivo del disinteresse? Si ritiene che sia poco utile e comunque noioso rispetto all’attività sportiva cui è collegato.
Ma quindi il riscaldamento che cosa fa?
Il riscaldamento, in inglese “warm-up”, serve letteralmente a innalzare la temperatura corporea di uno o due gradi con finalità benefiche su tutto l’organismo. Principalmente migliora la fluidità del sangue favorendo l’ossigenazione dei muscoli e la loro elasticità al fine di evitare contratture, stiramenti o strappi.
Il muscolo “a freddo” rischia di accorciarsi troppo repentinamente in quanto non pronto al gesto da compiere o di allungarsi eccessivamente quando poco riscaldato. Apportare ossigeno ai muscoli vuol dire anche restituire energia spendibile durante l’attività, che si traduce in un miglioramento delle prestazioni, in quanto l’aumento della temperatura favorisce l’irrorazione sanguigna e di conseguenza l’elasticità dei muscoli e dei tendini.
In pratica che cosa previene?
Prepara muscoli, tendini e legamenti ad approcciarsi in maniera corretta all’esercizio fisico, migliora le prestazioni e previene gli infortuni quando è eseguito con logica.
Risulta fondamentale sia per salvaguardare il sistema muscolo-scheletrico da potenziali traumi, sia per attivare il sistema cardio-circolatorio e le funzioni fisiologiche dell’organismo.
Cosa favorisce?
A livello articolare all’aumento della temperatura consegue un aumento di produzione di liquido sinoviale che garantisce la lubrificazione delle articolazioni, favorendo in maniera graduale un maggiore range di movimento. In generale, durante un buon riscaldamento si assiste a un’attivazione metabolica e a un’intensificazione dell’attività del sistema cardiovascolare che predispongono l’organismo a una performance fisica migliore.
Bisogna fare anche stretching durante il riscaldamento?
No, questa attività deve soltanto seguire l’allenamento perché praticarlo prima provoca tensioni a livello muscolare, che riducono l’afflusso ematico e aumentano l’ossidazione.
CONSIGLI PRATICI
L’attività che solitamente viene praticata per iniziare la fase di riscaldamento è una corsa lenta, anche sul posto, perché mette in moto una buona parte della muscolatura senza rischio di traumi.
Valide alternative possono essere l’uso della cyclette o della bicicletta, il nuoto eseguito lentamente o anche una camminata effettuata con passo veloce.
È utile anche eseguire un riscaldamento mirato, aggiungendo esercizi che sollecitino in modo specifico le parti del corpo che saranno maggiormente messe alla prova dalla prestazione sportiva che si sta per affrontare (per esempio le gambe nel caso del calcio).
Affondi con manubri: come enfatizzare i glutei.
Come eseguire gli affondi?
Focalizzati sulla pressione che il piede esercita a terra mentre stai affondando col movimento: se ad esempio senti una pressione predominante all’interno del piede, probabilmente hai le ginocchia che stanno collassando verso l’interno.
Un altro fattore molto importante è la verticalità del busto: cerca sempre di mantenere l’inclinazione del busto in una posizione neutra, né troppo proiettato in avanti, né troppo proiettato in verticale.
Il ginocchio della gamba posteriore (quella che non spinge e non è “attiva”) sfiora sempre il terreno.
Puoi eseguire gli affondi coi manubri o col bilanciere, tenendo conto che col primo strumento avrai più stabilità mentre col secondo sarà più difficile rimanere in equilibrio anche se col bilanciere avrai la possibilità di lavorare con più carico e sarà meno impegnativo da maneggiare. Immagina infatti di lavorare con 60 Kg: coi manubri dovrai tenere in mano 30 Kg per lato (molto scomodo soprattutto a livello di presa) mentre col bilanciere sarà sicuramente più comodo.
Errori comuni da evitare.
Gli errori da evitare su questo esercizio sono:
- Non appoggiare il peso del corpo su tutto il piede quando si arriva in affondo. Ad esempio, hai il tallone alzato da terra oppure la zona mediale del piede completamente schiacciata a discapito di quella laterale.
- Fare collassare le ginocchia all’interno durante la discesa e/o durante la salita. In questo caso si crea il problema del valgo dinamico, molto comune durante l’esecuzione di questo esercizio.
- Mantenere il busto troppo verticale durante la discesa.
- Buttare le spalle troppo avanti durante la discesa.
- Utilizzare carichi troppo elevati.
- Appoggiare completamente il ginocchio della gamba in appoggio (posteriore) a terra.
Se vuoi dare maggior enfasi ai glutei:
- Cerca di scendere col busto leggermente proiettato in avanti.
- Tieni un passo lungo tra le gambe.
Quali sono le migliori varianti di affondi.
- Affondi split: in questo tipo di affondo, partirai già con la gamba che sta in appoggio (quella passiva) posizionata indietro e di conseguenza sarai già abile per scendere direttamente in affondo. Quando spingi tornerai nella posizione iniziale restando con la gambe in appoggio posizionata indietro, senza quindi portarla di fianco all’altra.
- Affondi alternati indietro: in questo tipo di affondo, partirai con le gambe unite e posizionerai la gamba passiva indietro mentre scenderai in affondo con la gamba con la quale vuoi lavorare. Quando spingi tornerai ad unire le gambe. Alternerai i movimenti delle gambe durante le ripetizioni.
- Affondi alternati avanti: in questo tipo di affondo, partirai con le gambe unite e andrai ad affondare con una delle gambe in avanti, facendo un passo in avanti con la gamba attiva. Quando spingerai, lo farai cercando di tornare nella posizione iniziale. Alternerai i movimenti delle gambe durante le ripetizioni.
- Affondi in camminata: in questo tipo di affondo andrai ad eseguire una vera e propria camminata e ricercherai di affondare bene con la gamba che sta davanti per lavorare in modo corretto. La spinta è indirizzata in alto e in avanti, in modo da preparare l’altra gamba ad eseguire il passo. Alternerai i movimenti lavorando prima su una gamba e poi sull’altra.
Alternativa agli affondi: come sostituirli?
Se per qualche motivo non riesci a lavorare sugli affondi (o non vuoi) puoi sostituire questo esercizio eseguendo la Leg Press monoarto, posizionandoti quindi con un piede sulla pressa, tenendolo vicino alla linea mediana che passa per il corpo cercando di affondare bene durante l’esecuzione del movimento, piegando il ginocchio.
In questo caso, cerca di partire sempre col ginocchio disteso, di arrivare in affondo il più possibile (prima che il pacco peso tocchi) e spingendo mantenendo una pressione omogenea su tutto il piede.
Se non puoi eseguire la pressa, ragiona allenando i muscoli coinvolti negli affondi con esercizi diversi come ad esempio la Leg Extension (per i quadricipiti) e l’Hip Thrust (per i glutei).
Quanti kg dovresti perdere in un mese.
Quando si tratta di perdere peso, è importante adottare una prospettiva realistica e sostenibile. Molti si chiedono quanti chili si dovrebbero perdere al mese per una dieta equilibrata. La risposta dipende da diversi fattori, tra cui il peso attuale, il metabolismo, lo stile di vita e gli obiettivi personali. In questo articolo, esploreremo gli aspetti chiave da considerare per una perdita di peso sana ed efficace, mantenendo sempre l’equilibrio e il benessere generale.
Quanti chili si dovrebbero perdere al mese?
La perdita di peso salutare varia da persona a persona, ma in generale si consiglia di puntare a una perdita di peso di 0,5-1 chilo a settimana. Questo si traduce in una perdita di circa 2-4 chili al mese. Perdere peso gradualmente in questo range permette al corpo di adattarsi al cambiamento e riduce il rischio di perdere massa muscolare.
I Benefici di una Perdita di Peso Graduale
Perdere peso gradualmente e in modo sostenibile ha numerosi benefici per la salute. Una perdita di peso lenta consente al corpo di adeguarsi gradualmente al cambiamento, riducendo il rischio di effetti collaterali negativi come affaticamento, perdita muscolare e rallentamento del metabolismo. Inoltre, la perdita di peso graduale è più facilmente mantenibile nel lungo termine, contribuendo a raggiungere una stabilità del peso e a prevenire l’effetto yo-yo.
Fattori che Influenzano la Perdita di Peso
La perdita di peso dipende da diversi fattori, come il metabolismo basale, l’attività fisica, l’apporto calorico e il deficit calorico. Ogni individuo ha un metabolismo unico, che può essere influenzato da fattori come l’età, il sesso, l’altezza e la composizione corporea. L’attività fisica regolare è essenziale per bruciare calorie e aumentare il deficit calorico. È importante trovare un equilibrio tra l’esercizio fisico e una dieta bilanciata per raggiungere una perdita di peso efficace.
Perdere chili in modo graduale, come fare?
Per raggiungere una perdita di peso salutare ed equilibrata, è consigliabile seguire queste strategie:
1. Seguire una Dieta Bilanciata
Adotta una dieta equilibrata che includa una varietà di alimenti nutrienti come frutta, verdura, cereali integrali, proteine magre e grassi sani. Evita di eliminare interi gruppi alimentari, poiché potrebbe portare a carenze nutrizionali.
2. Controllare le Porzioni
Mantieni il controllo delle porzioni per evitare l’eccesso calorico. Utilizza piatti più piccoli, leggi le etichette alimentari per conoscere le dimensioni delle porzioni e impara a riconoscere la sensazione di sazietà.
3. Fare Attività Fisica Regolarmente
L’attività fisica regolare è fondamentale per bruciare calorie, migliorare il metabolismo e favorire la perdita di peso. Scegli un’attività che ti piace e che ti consenta di essere costante nel tempo.
4. Bere Abbastanza Acqua
L’acqua svolge un ruolo chiave nel processo di perdita di peso. Aiuta a idratare il corpo, a regolare l’appetito e a migliorare il metabolismo. Bevi almeno 8 bicchieri di acqua al giorno.
5. Mantenere uno Stile di Vita Attivo
Oltre all’attività fisica, cerca di mantenere uno stile di vita attivo nel tuo quotidiano. Scegli le scale invece dell’ascensore, cammina quando possibile e trova modi creativi per muoverti di più durante la giornata.
Conclusioni
La perdita di peso sana ed equilibrata si attesta intorno a 0,5-1 chilo a settimana o 2-4 chili al mese. Questo obiettivo può variare da persona a persona, quindi è importante considerare fattori come il metabolismo, l’attività fisica e gli obiettivi personali. Una perdita di peso graduale favorisce il mantenimento del benessere generale e riduce il rischio di effetti collaterali negativi. Ricorda sempre di consultare un professionista della salute prima di iniziare qualsiasi piano di perdita di peso.
Importanza delle fibre: perchè sono utili.
La fibra alimentare non nutre, ma fa molto bene. Si tratta della fibra alimentare, che di solito si nomina al plurale: le fibre.
E sono quelle parti commestibili dei cibi che non vengono né digerite né assimilate.
Gli effetti benefici più significativi sono:
- l’aumento di velocità del transito intestinale, la diminuzione e il rallentamento dell’assimilazione delle sostanze nutrienti;
- il prolungamento del senso di sazietà, la riduzione del picco glicemico postprandiale e della risposta insulinica;
- l’effetto prebiotico, cioè la possibilità di venir fatti fermentare (fermentescibilità) da parte dei microrganismi intestinali, con la conseguente formazione di composti dall’effetto benefico per l’organismo.
30 GRAMMI DI FIBRE AL GIORNO
In generale se ne consiglia un consumo di 30g al giorno, misura che corrisponde alle raccomandate 5 porzioni al giorno di frutta e verdura, più almeno due porzioni di pasta/pane o riso integrali (o altri derivati da cereali integrali).
In questo modo, recenti aggiornamenti di studi scientifici mostrano che si abbassa in maniera significativa il rischio di tumore al colon.
ABBASSAMENTO DEL COLESTEROLO
Un altro dei risultati più convincenti dei benefici derivanti dalle fibre alimentari è attribuibile ai betaglucani (una qualità di fibre dette solubili, presenti ad esempio nell’orzo), che hanno una correlazione inversa con le quantità di colesterolo totale e di colesterolo “cattivo” nel sangue.
Anche l’Efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, ha riconosciuto la validità degli studi relativi all’effetto positivo sul sistema cardiocircolatorio.
Per riuscire a soddisfare il fabbisogno ideale di fibra è fondamentale consumare cereali integrali e prodotti derivati da farine integrali.
L’ideale sarebbe sostituire tutti i prodotti derivati da farine bianche con prodotti integrali. A incoraggiare su questa strada ci sono anche alcuni studi comparativi sulle diete.
CEREALI INTEGRALI E FIBRA
Sono state messi a confronto due gruppi di donne sovrappeso ai quali sono state prescritte due diverse diete con restrizione calorica, con diversa qualità dei carboidrati consumati (un gruppo cereali raffinati, l’altro cereali integrali).
Con ambedue le diete si è ottenuto un calo del peso, ma con una differenza importante: le donne che consumavano cereali integrali avevano perso più massa grassa di quelle che consumavano cereali raffinati.
Inoltre in queste ultime era aumentato il colesterolo che nelle altre signore, consumatrici di cereali integrali, era rimasto agli stessi livelli di partenza.
Pillole Integrazione: La Glutammina.
La glutammina (anche L-glutammina) è un amminoacido non essenziale che può essere sintetizzato nel tessuto muscolare dal nostro organismo a partire da altri amminoacidi (arginina, ornitina e prolina). Questo amminoacido è particolarmente abbondante nel muscolo: rappresenta infatti il 65% degli aminoacidi presenti. Quasi tutta la glutammina che è presente nel sangue è di produzione muscolare ma viene anche prodotta, in misura minore, dal fegato e da altri organi.
Glutammina e sport.
Nel mondo dello sport si parla spesso di integratori a base di glutammina ed è facile comprenderne il motivo, visto che questo amminoacido ha proprietà peculiari che possono essere estremamente utili allo sportivo. Quando l’attività sportiva diventa particolarmente intensa, infatti, l’organismo non riesce a sintetizzare quantità sufficienti di glutammina per le sue necessità e l’integrazione di questo AA è di grande importanza per mantenere un buon livello di salute e di prestazione.
Secondo numerosi studi, la glutammina previene il catabolismo muscolare. Questa proprietà è tanto più evidente quanto più le condizioni dell’atleta sono critiche: se infatti l’atleta è in buone condizioni generali, la supplementazione di questo amminoacido non è determinante. Quando, invece, l’atleta è sottoposto a carichi atletici molto impegnativi, integrare glutammina alla dieta è una strategia importante per contenere ulteriori perdite di massa magra. Vista la particolare struttura della sua molecola, la glutammina può essere facilmente utilizzata come substrato energetico dall’organismo. Quando l’organismo svolge un’attività sportiva intensa, la glutammina rappresenta quindi una “riserva energetica” per produrre energia o rigenerare le scorte di glicogeno muscolare.
In particolari condizioni, è stato osservato che la glutammina stimola il rilascio dell’ormone della crescita. Soprattutto in soggetti con difficoltà a recuperare adeguatamente (come nei soggetti anziani o in chi viene da un lungo periodo di stop a causa di malattia) si è notato un maggior rilascio di questo importante ormone, quando si segue un programma di integrazione con glutammina.
Vi sono solide evidenze scientifiche a sostegno dell’elevata efficacia della glutammina nel rinforzare le difese immunitarie: questo amminoacido, infatti, si è rivelato importante nella proliferazione di citochine, linfociti, macrofagi e neutrofili, importantissimi per combattere la proliferazione di batteri patogeni. Oltre a questo, è documentata una buona azione disintossicante, epatoprotettiva e antinfiammatoria.
Il glutatione è l’antiossidante più potente che il nostro organismo riesce a produrre. I componenti di questa importante molecola sono l’acido glutammico, la cisteina e la glicina. La glutammina, essendo precursore dell’acido glutammico assume un ruolo importante nella formazione del glutatione.
Per concludere, poiché il tessuto muscolare è composto per il 65% di glutammina, quando l’esercizio fisico diventa molto intenso, il muscolo utilizza questo substrato per produrre energia e risparmiare le riserve di glicogeno. L’integrazione di glutammina è quindi una strategia vincente per prevenire l’ulteriore perdita di massa magra, quando ci si trova in condizioni di elevato catabolismo. Quando l’organismo è particolarmente affaticato, l’integrazione di glutammina, che agisce come fonte energetica esogena e permette un rapido recupero muscolare, può essere utile per mantenere un fisiologico livello di ormone della crescita nel torrente ematico e mantenere le difese immunitarie a livelli adeguati. Lo Staff di R&S EthicSport ha sviluppato “glutammina”, un integratore alimentare di glutammina purissima al 100%, di qualità farmaceutica (Kyowa), estremamente solubile, esente da contaminanti, in forma micronizzata e insapore.
Differenze tra leg curl prono e seduto.
Un lavoro diretto sui muscoli ischiocrurali(femorali) è di fondamentale importanza al fine di aumentare la taglia muscolare, migliorare la performance atletica e ridurre la probabilità all’infortunio.
Non tutti gli esercizi sono uguali. Le esistenti variabili possono incidere in maniera completamente differente. Questo è il caso del leg curl.
A causa della natura bi-articolare dei muscoli del femorale, una posizione di simultanea flessione dell’anca ed estensione del ginocchio è richiesta al fine di massimizzare la tensione meccanica applicata su questi muscoli.
Il leg curl, e le differenti varianti, operano prettamente attraverso un movimento di flessione dell’articolazione del ginocchio, mantenendo stabile l’articolazione dell’anca. Ciò evidenzia come il grado di flessione dell’anca potrebbe giocare un potenziale fondamentale ruolo nella massimizzazione dello stimolo ipertrofico.
Sono differenti i punti da prendere in considerazione al fine di valutare il leg curl e le sue varianti.
- Profilo di resistenza dell’esercizio (Leg curl in questo caso);
- Vantaggio meccanico tra muscoli ischiocrurali (architettura muscolare e moment arm);
- Muscoli allenati in allungamento (long muscle length).
Vediamo questi punti nel dettaglio.
Profilo di resistenza del leg curl.
Le differenti macchine in commercio (a carico libero o con sistema di pulegge) possono implicare differenze nel profilo di resistenza della macchina. Infatti, generalmente, l’esecuzione del leg curl tramite la classica macchina a cavi, implica un profilo simile per tutto il movimento.
Questo non significa che lo sforzo, o meglio, la tensione applicata sui muscoli interessati è uguale per tutto il movimento. Differentemente avviene attraverso l’utilizzo di macchine a carico diretto dove, in genere, il profilo della resistenza risulta essere crescente a maggiori gradi di flessione del ginocchio (dipende da come è costruita la macchina).
Vantaggio meccanico tra muscoli ischiocrurali.
Differentemente dai muscoli del quadricipite, gli ischiocrurali mostrano una struttura diversa tra loro. Anche se ancora non è ben chiaro il motivo di ciò, una ipotesi potrebbe essere collegata al differente numero di attività da effettuare attraverso un ampio range di movimento e brevi velocità di contrazione.
Questa differenza non la si ritrova nel moment-arm dei muscoli ischiocrurali mostrando un simile lunghezza nel movimento di estensione d’anca. L’unica differenza può essere assoggetta al capo lungo del bicipite femorale (zona laterale), il quale mostra la migliore leva a maggiori gradi di estensione dell’anca. Mentre, il semitendinoso mostra una migliore leva quando l’articolazione dell’anca di trova ad una posizione flessa.
Questo potrebbe evidenziare come scegliere di eseguire un esercizio che ha una maggiore tensione in una posizione estesa dell’anca (back extension orizzontale) potrebbe influenzare maggiormente il bicipite femorale, mentre, se il picco di contrazione avviene ad anca flessa (es. Romanian deadlift) risulterà meglio coinvolto il semitendinoso.
Muscoli allenati in allungamento.
Diversi studi mostrano come i muscoli ischiocrurali beneficiano dal punto di vista ipertrofico di un maggior stato di allungamento.
Infatti, sembra proprio che, come buona parte dei muscoli del lower body, e non solo, i femorali siano soggetti a tensione passiva durante movimenti ad alto grado di allungamento mostrando ulteriore stimolo ipertrofico.
La migliore scelta tra leg curl seduto, in piedi o disteso.
Come abbiamo visto differenti sono le variabili in gioco le quali possono influenzare un muscolo piuttosto che un altro.
Le varianti del leg curl pongono l’articolazione dell’anca in differenti posizioni (maggiormente flessa o estesa) e questo incide sullo stimolo ipertrofico risultante.
Essendo muscoli bi-articolari, gli ischiocrurali risultano essere non particolarmente sottoposti a tensione quando l’anca si trova in posizione estesa, come ad esempio nella variante seduta o distesa del leg curl. Seppur studi evidenziano la possibile presenza e formazione di ipertrofia regionale.
Come mostrato in questo studio, il leg curl seduto comporta un maggior stimolo ipertrofico rispetto al leg curl prono (posizione sdraiata) proprio a causa di una maggiore lunghezza raggiunta dal muscolo e, conseguentemente, una più alta tensione meccanica applicata su di esso. Sembrerebbe che i muscoli femorali, ad un elevato stato di allungamento, esperiscono un’addizionale tensione passiva.
Da evidenziare che, seppur il leg curl seduto implica un maggiore stimolo rispetto alle sue varianti (prono e in piedi), essendo che questo dipende dalla posizione dell’anca, una variazione di questa (maggiori gradi di flessione) potrebbe meglio stimolare i muscoli degli ischiocrurali, anche attraverso l’utilizzo di leg curl sdraiato o in piedi.
Infatti, semplici accorgimenti come un rialzo tramite pad sotto l’anca, per quanto riguarda la leg curl prona, o l’inclinazione del busto in avanti, per quanto riguarda le curl seduto, potrebbe determinare egualmente un adeguato stimolo ipertrofico.
I muscoli ischiocrurali (femorali) essendo bi-articolari sono soggetti a variazioni di stimolo in relazione alla posizione dell’articolazione dell’anca e articolazione del ginocchio.
Esercizi come il leg curl e sue varianti, sono altamente stimolanti sotto il profilo ipertrofico per i muscoli in questione.
Al contempo, specifici accorgimenti sono necessari al fine di massimizzare lo stimolo ceduto sui muscoli interessati.
Differenza tra leg press orrizzontale e 45°.
La leg press o pressa per le gambe è una macchina isotonica concepita per l’allenamento degli arti inferiori; più precisamente, per eseguire delle spinte o distensioni.
Si tratta di un esercizio multiarticolare – in quanto coinvolge sia l’ articolazione di anca e femore (coxo-femorale) che quella del ginocchio (femoro-tibiale+ patello-femorale) – finalizzato al potenziamento di cosce e glutei.
Attrezzo tra i più noti e diffusi, la leg press può inoltre presentarsi orizzontale o inclinata a 45° (leggermente diverse sul funzionamento e sull’impatto allenante).
La pressa per le gambe costituisce un esercizio (prevalentemente) complementare per i sollevatori di pesi e in tutti gli sport che richiedono una preparazione generale di forza degli arti inferiori.
Nel bodybuilding e fitness invece, soprattutto chi non ha la possibilità per ragioni anatomo-funzionali di eseguire squat e stacco da terra, la leg press viene considerata alla stregua di un esercizio “fondamentale”.
Come anticipato, la leg press può essere di due tipologie:
- Orizzontale: con un meccanismo di funzionamento più complesso;
- Inclinata a 45°: con un meccanismo di funzionamento più semplice.
Entrambe richiedono una postura seduta, con schiena appoggiata. I piedi vanno posizionati su una pedana, che riceverà la “spinta”.
La parte “che si muove” è diversa tra le due tipologie, perché differente è la struttura delle macchine.
- Nella pressa a 45° è la pedana a muoversi, direttamente caricabile mediante l’ausilio di sovraccarichi – classici dischi di ghisa;
- Nella pressa orizzontale invece, a muoversi è la seduta (grazie ad un sistema di guide o binari) rispettivamente collegata (da cavi o catene) ad una zavorra costituita da piastre (regolabile con un perno). Molte hanno un funzionamento “idraulico” (oleopneumatico), che permette il “pre-caricamento” grazie ad una leva e lo “scaricamento” grazie ad una valvola – “è più difficile a dirsi che a farsi”.
Che differenza c’è tra la leg press orizzontale e quella inclinata a 45°?
In linea generale:
- la leg press orrizontale ha un maggior carico sull’articolazione del ginocchio e un maggior coinvolgimento dei quadricipiti.
- la pressa per le gambe inclinata a 45° prevede una maggior estensione d’anca e un maggior coinvolgimento dei glutei e dei flessori della gamba.
Entrambe stimolano anche i flessori della gamba, adduttori e abduttori. A seconda del tipo, del movimento e del momento della spinta, essi hanno prevalentemente funzione di stabilizzazione o impattano direttamente sulla distensione.
Alzando l’appoggio dei piedi sulla pedana, aumentando la divaricazione, ruotando all’esterno le punte dei piedi e spingendo sui talloni, si aumenta l’enfasi sui glutei, sui flessori della gamba e sugli adduttori; viceversa, si migliora il focus sui quadricipiti.
Gli errori più comuni nell’esecuzione della leg press sono:
- Partire con un appoggio non simmetrico;
- Partire con un appoggio non adeguato, o dal punto di vista dell’obbiettivo dell’allenamento, o su piano funzionale – snaturamento posturale;
- Giungere a una raccolta eccessiva delle cosce, che può determinare un carico eccessivo sul tratto lombare – e, nella migliore delle ipotesi, conseguente dolore alla schiena.
- Giungere a un’iperestensione del ginocchio, che può determinare un carico eccessivo sulle strutture di stabilizzazione – e, nella peggiore delle ipotesi, rottura delle stesse;
- Eseguire accelerazioni e decelerazioni eccessive;
- “Cheattare” spingendo sulle ginocchia con le braccia.