
Importanza del riscaldamento.
Un buon riscaldamento è fondamentale?
Davvero il riscaldamento è importante per lo svolgimento dell’allenamento? Quali effetti ha sul nostro corpo? Deve sempre essere accompagnato allo stretching in fase preparatoria? Se anche tu hai questi dubbi e vuoi capirne un po’ di più sull’argomento, leggi il post: qui abbiamo il parere di un fisioterapista che ci spiega in modo chiaro ogni dettaglio!
Quasi sempre chi pratica una qualsiasi attività fisica tralascia o attribuisce scarsa importanza al riscaldamento, che è al contrario la fase cruciale di ogni allenamento, utile a garantire il giusto approccio, fisico e mentale, alla prestazione, sia essa amatoriale o professionistica. Il motivo del disinteresse? Si ritiene che sia poco utile e comunque noioso rispetto all’attività sportiva cui è collegato.
Ma quindi il riscaldamento che cosa fa?
Il riscaldamento, in inglese “warm-up”, serve letteralmente a innalzare la temperatura corporea di uno o due gradi con finalità benefiche su tutto l’organismo. Principalmente migliora la fluidità del sangue favorendo l’ossigenazione dei muscoli e la loro elasticità al fine di evitare contratture, stiramenti o strappi.
Il muscolo “a freddo” rischia di accorciarsi troppo repentinamente in quanto non pronto al gesto da compiere o di allungarsi eccessivamente quando poco riscaldato. Apportare ossigeno ai muscoli vuol dire anche restituire energia spendibile durante l’attività, che si traduce in un miglioramento delle prestazioni, in quanto l’aumento della temperatura favorisce l’irrorazione sanguigna e di conseguenza l’elasticità dei muscoli e dei tendini.
In pratica che cosa previene?
Prepara muscoli, tendini e legamenti ad approcciarsi in maniera corretta all’esercizio fisico, migliora le prestazioni e previene gli infortuni quando è eseguito con logica.
Risulta fondamentale sia per salvaguardare il sistema muscolo-scheletrico da potenziali traumi, sia per attivare il sistema cardio-circolatorio e le funzioni fisiologiche dell’organismo.
Cosa favorisce?
A livello articolare all’aumento della temperatura consegue un aumento di produzione di liquido sinoviale che garantisce la lubrificazione delle articolazioni, favorendo in maniera graduale un maggiore range di movimento. In generale, durante un buon riscaldamento si assiste a un’attivazione metabolica e a un’intensificazione dell’attività del sistema cardiovascolare che predispongono l’organismo a una performance fisica migliore.
Bisogna fare anche stretching durante il riscaldamento?
No, questa attività deve soltanto seguire l’allenamento perché praticarlo prima provoca tensioni a livello muscolare, che riducono l’afflusso ematico e aumentano l’ossidazione.
CONSIGLI PRATICI
L’attività che solitamente viene praticata per iniziare la fase di riscaldamento è una corsa lenta, anche sul posto, perché mette in moto una buona parte della muscolatura senza rischio di traumi.
Valide alternative possono essere l’uso della cyclette o della bicicletta, il nuoto eseguito lentamente o anche una camminata effettuata con passo veloce.
È utile anche eseguire un riscaldamento mirato, aggiungendo esercizi che sollecitino in modo specifico le parti del corpo che saranno maggiormente messe alla prova dalla prestazione sportiva che si sta per affrontare (per esempio le gambe nel caso del calcio).

Affondi con manubri: come enfatizzare i glutei.
Come eseguire gli affondi?
Focalizzati sulla pressione che il piede esercita a terra mentre stai affondando col movimento: se ad esempio senti una pressione predominante all’interno del piede, probabilmente hai le ginocchia che stanno collassando verso l’interno.
Un altro fattore molto importante è la verticalità del busto: cerca sempre di mantenere l’inclinazione del busto in una posizione neutra, né troppo proiettato in avanti, né troppo proiettato in verticale.
Il ginocchio della gamba posteriore (quella che non spinge e non è “attiva”) sfiora sempre il terreno.
Puoi eseguire gli affondi coi manubri o col bilanciere, tenendo conto che col primo strumento avrai più stabilità mentre col secondo sarà più difficile rimanere in equilibrio anche se col bilanciere avrai la possibilità di lavorare con più carico e sarà meno impegnativo da maneggiare. Immagina infatti di lavorare con 60 Kg: coi manubri dovrai tenere in mano 30 Kg per lato (molto scomodo soprattutto a livello di presa) mentre col bilanciere sarà sicuramente più comodo.
Errori comuni da evitare.
Gli errori da evitare su questo esercizio sono:
- Non appoggiare il peso del corpo su tutto il piede quando si arriva in affondo. Ad esempio, hai il tallone alzato da terra oppure la zona mediale del piede completamente schiacciata a discapito di quella laterale.
- Fare collassare le ginocchia all’interno durante la discesa e/o durante la salita. In questo caso si crea il problema del valgo dinamico, molto comune durante l’esecuzione di questo esercizio.
- Mantenere il busto troppo verticale durante la discesa.
- Buttare le spalle troppo avanti durante la discesa.
- Utilizzare carichi troppo elevati.
- Appoggiare completamente il ginocchio della gamba in appoggio (posteriore) a terra.
Se vuoi dare maggior enfasi ai glutei:
- Cerca di scendere col busto leggermente proiettato in avanti.
- Tieni un passo lungo tra le gambe.
Quali sono le migliori varianti di affondi.
- Affondi split: in questo tipo di affondo, partirai già con la gamba che sta in appoggio (quella passiva) posizionata indietro e di conseguenza sarai già abile per scendere direttamente in affondo. Quando spingi tornerai nella posizione iniziale restando con la gambe in appoggio posizionata indietro, senza quindi portarla di fianco all’altra.
- Affondi alternati indietro: in questo tipo di affondo, partirai con le gambe unite e posizionerai la gamba passiva indietro mentre scenderai in affondo con la gamba con la quale vuoi lavorare. Quando spingi tornerai ad unire le gambe. Alternerai i movimenti delle gambe durante le ripetizioni.
- Affondi alternati avanti: in questo tipo di affondo, partirai con le gambe unite e andrai ad affondare con una delle gambe in avanti, facendo un passo in avanti con la gamba attiva. Quando spingerai, lo farai cercando di tornare nella posizione iniziale. Alternerai i movimenti delle gambe durante le ripetizioni.
- Affondi in camminata: in questo tipo di affondo andrai ad eseguire una vera e propria camminata e ricercherai di affondare bene con la gamba che sta davanti per lavorare in modo corretto. La spinta è indirizzata in alto e in avanti, in modo da preparare l’altra gamba ad eseguire il passo. Alternerai i movimenti lavorando prima su una gamba e poi sull’altra.
Alternativa agli affondi: come sostituirli?
Se per qualche motivo non riesci a lavorare sugli affondi (o non vuoi) puoi sostituire questo esercizio eseguendo la Leg Press monoarto, posizionandoti quindi con un piede sulla pressa, tenendolo vicino alla linea mediana che passa per il corpo cercando di affondare bene durante l’esecuzione del movimento, piegando il ginocchio.
In questo caso, cerca di partire sempre col ginocchio disteso, di arrivare in affondo il più possibile (prima che il pacco peso tocchi) e spingendo mantenendo una pressione omogenea su tutto il piede.
Se non puoi eseguire la pressa, ragiona allenando i muscoli coinvolti negli affondi con esercizi diversi come ad esempio la Leg Extension (per i quadricipiti) e l’Hip Thrust (per i glutei).

Quanti kg dovresti perdere in un mese.
Quando si tratta di perdere peso, è importante adottare una prospettiva realistica e sostenibile. Molti si chiedono quanti chili si dovrebbero perdere al mese per una dieta equilibrata. La risposta dipende da diversi fattori, tra cui il peso attuale, il metabolismo, lo stile di vita e gli obiettivi personali. In questo articolo, esploreremo gli aspetti chiave da considerare per una perdita di peso sana ed efficace, mantenendo sempre l’equilibrio e il benessere generale.
Quanti chili si dovrebbero perdere al mese?
La perdita di peso salutare varia da persona a persona, ma in generale si consiglia di puntare a una perdita di peso di 0,5-1 chilo a settimana. Questo si traduce in una perdita di circa 2-4 chili al mese. Perdere peso gradualmente in questo range permette al corpo di adattarsi al cambiamento e riduce il rischio di perdere massa muscolare.
I Benefici di una Perdita di Peso Graduale
Perdere peso gradualmente e in modo sostenibile ha numerosi benefici per la salute. Una perdita di peso lenta consente al corpo di adeguarsi gradualmente al cambiamento, riducendo il rischio di effetti collaterali negativi come affaticamento, perdita muscolare e rallentamento del metabolismo. Inoltre, la perdita di peso graduale è più facilmente mantenibile nel lungo termine, contribuendo a raggiungere una stabilità del peso e a prevenire l’effetto yo-yo.
Fattori che Influenzano la Perdita di Peso
La perdita di peso dipende da diversi fattori, come il metabolismo basale, l’attività fisica, l’apporto calorico e il deficit calorico. Ogni individuo ha un metabolismo unico, che può essere influenzato da fattori come l’età, il sesso, l’altezza e la composizione corporea. L’attività fisica regolare è essenziale per bruciare calorie e aumentare il deficit calorico. È importante trovare un equilibrio tra l’esercizio fisico e una dieta bilanciata per raggiungere una perdita di peso efficace.
Perdere chili in modo graduale, come fare?
Per raggiungere una perdita di peso salutare ed equilibrata, è consigliabile seguire queste strategie:
1. Seguire una Dieta Bilanciata
Adotta una dieta equilibrata che includa una varietà di alimenti nutrienti come frutta, verdura, cereali integrali, proteine magre e grassi sani. Evita di eliminare interi gruppi alimentari, poiché potrebbe portare a carenze nutrizionali.
2. Controllare le Porzioni
Mantieni il controllo delle porzioni per evitare l’eccesso calorico. Utilizza piatti più piccoli, leggi le etichette alimentari per conoscere le dimensioni delle porzioni e impara a riconoscere la sensazione di sazietà.
3. Fare Attività Fisica Regolarmente
L’attività fisica regolare è fondamentale per bruciare calorie, migliorare il metabolismo e favorire la perdita di peso. Scegli un’attività che ti piace e che ti consenta di essere costante nel tempo.
4. Bere Abbastanza Acqua
L’acqua svolge un ruolo chiave nel processo di perdita di peso. Aiuta a idratare il corpo, a regolare l’appetito e a migliorare il metabolismo. Bevi almeno 8 bicchieri di acqua al giorno.
5. Mantenere uno Stile di Vita Attivo
Oltre all’attività fisica, cerca di mantenere uno stile di vita attivo nel tuo quotidiano. Scegli le scale invece dell’ascensore, cammina quando possibile e trova modi creativi per muoverti di più durante la giornata.
Conclusioni
La perdita di peso sana ed equilibrata si attesta intorno a 0,5-1 chilo a settimana o 2-4 chili al mese. Questo obiettivo può variare da persona a persona, quindi è importante considerare fattori come il metabolismo, l’attività fisica e gli obiettivi personali. Una perdita di peso graduale favorisce il mantenimento del benessere generale e riduce il rischio di effetti collaterali negativi. Ricorda sempre di consultare un professionista della salute prima di iniziare qualsiasi piano di perdita di peso.

Importanza delle fibre: perchè sono utili.
La fibra alimentare non nutre, ma fa molto bene. Si tratta della fibra alimentare, che di solito si nomina al plurale: le fibre.
E sono quelle parti commestibili dei cibi che non vengono né digerite né assimilate.
Gli effetti benefici più significativi sono:
- l’aumento di velocità del transito intestinale, la diminuzione e il rallentamento dell’assimilazione delle sostanze nutrienti;
- il prolungamento del senso di sazietà, la riduzione del picco glicemico postprandiale e della risposta insulinica;
- l’effetto prebiotico, cioè la possibilità di venir fatti fermentare (fermentescibilità) da parte dei microrganismi intestinali, con la conseguente formazione di composti dall’effetto benefico per l’organismo.
30 GRAMMI DI FIBRE AL GIORNO
In generale se ne consiglia un consumo di 30g al giorno, misura che corrisponde alle raccomandate 5 porzioni al giorno di frutta e verdura, più almeno due porzioni di pasta/pane o riso integrali (o altri derivati da cereali integrali).
In questo modo, recenti aggiornamenti di studi scientifici mostrano che si abbassa in maniera significativa il rischio di tumore al colon.
ABBASSAMENTO DEL COLESTEROLO
Un altro dei risultati più convincenti dei benefici derivanti dalle fibre alimentari è attribuibile ai betaglucani (una qualità di fibre dette solubili, presenti ad esempio nell’orzo), che hanno una correlazione inversa con le quantità di colesterolo totale e di colesterolo “cattivo” nel sangue.
Anche l’Efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, ha riconosciuto la validità degli studi relativi all’effetto positivo sul sistema cardiocircolatorio.
Per riuscire a soddisfare il fabbisogno ideale di fibra è fondamentale consumare cereali integrali e prodotti derivati da farine integrali.
L’ideale sarebbe sostituire tutti i prodotti derivati da farine bianche con prodotti integrali. A incoraggiare su questa strada ci sono anche alcuni studi comparativi sulle diete.
CEREALI INTEGRALI E FIBRA
Sono state messi a confronto due gruppi di donne sovrappeso ai quali sono state prescritte due diverse diete con restrizione calorica, con diversa qualità dei carboidrati consumati (un gruppo cereali raffinati, l’altro cereali integrali).
Con ambedue le diete si è ottenuto un calo del peso, ma con una differenza importante: le donne che consumavano cereali integrali avevano perso più massa grassa di quelle che consumavano cereali raffinati.
Inoltre in queste ultime era aumentato il colesterolo che nelle altre signore, consumatrici di cereali integrali, era rimasto agli stessi livelli di partenza.

Pillole Integrazione: La Glutammina.
La glutammina (anche L-glutammina) è un amminoacido non essenziale che può essere sintetizzato nel tessuto muscolare dal nostro organismo a partire da altri amminoacidi (arginina, ornitina e prolina). Questo amminoacido è particolarmente abbondante nel muscolo: rappresenta infatti il 65% degli aminoacidi presenti. Quasi tutta la glutammina che è presente nel sangue è di produzione muscolare ma viene anche prodotta, in misura minore, dal fegato e da altri organi.
Glutammina e sport.
Nel mondo dello sport si parla spesso di integratori a base di glutammina ed è facile comprenderne il motivo, visto che questo amminoacido ha proprietà peculiari che possono essere estremamente utili allo sportivo. Quando l’attività sportiva diventa particolarmente intensa, infatti, l’organismo non riesce a sintetizzare quantità sufficienti di glutammina per le sue necessità e l’integrazione di questo AA è di grande importanza per mantenere un buon livello di salute e di prestazione.
Secondo numerosi studi, la glutammina previene il catabolismo muscolare. Questa proprietà è tanto più evidente quanto più le condizioni dell’atleta sono critiche: se infatti l’atleta è in buone condizioni generali, la supplementazione di questo amminoacido non è determinante. Quando, invece, l’atleta è sottoposto a carichi atletici molto impegnativi, integrare glutammina alla dieta è una strategia importante per contenere ulteriori perdite di massa magra. Vista la particolare struttura della sua molecola, la glutammina può essere facilmente utilizzata come substrato energetico dall’organismo. Quando l’organismo svolge un’attività sportiva intensa, la glutammina rappresenta quindi una “riserva energetica” per produrre energia o rigenerare le scorte di glicogeno muscolare.
In particolari condizioni, è stato osservato che la glutammina stimola il rilascio dell’ormone della crescita. Soprattutto in soggetti con difficoltà a recuperare adeguatamente (come nei soggetti anziani o in chi viene da un lungo periodo di stop a causa di malattia) si è notato un maggior rilascio di questo importante ormone, quando si segue un programma di integrazione con glutammina.
Vi sono solide evidenze scientifiche a sostegno dell’elevata efficacia della glutammina nel rinforzare le difese immunitarie: questo amminoacido, infatti, si è rivelato importante nella proliferazione di citochine, linfociti, macrofagi e neutrofili, importantissimi per combattere la proliferazione di batteri patogeni. Oltre a questo, è documentata una buona azione disintossicante, epatoprotettiva e antinfiammatoria.
Il glutatione è l’antiossidante più potente che il nostro organismo riesce a produrre. I componenti di questa importante molecola sono l’acido glutammico, la cisteina e la glicina. La glutammina, essendo precursore dell’acido glutammico assume un ruolo importante nella formazione del glutatione.
Per concludere, poiché il tessuto muscolare è composto per il 65% di glutammina, quando l’esercizio fisico diventa molto intenso, il muscolo utilizza questo substrato per produrre energia e risparmiare le riserve di glicogeno. L’integrazione di glutammina è quindi una strategia vincente per prevenire l’ulteriore perdita di massa magra, quando ci si trova in condizioni di elevato catabolismo. Quando l’organismo è particolarmente affaticato, l’integrazione di glutammina, che agisce come fonte energetica esogena e permette un rapido recupero muscolare, può essere utile per mantenere un fisiologico livello di ormone della crescita nel torrente ematico e mantenere le difese immunitarie a livelli adeguati. Lo Staff di R&S EthicSport ha sviluppato “glutammina”, un integratore alimentare di glutammina purissima al 100%, di qualità farmaceutica (Kyowa), estremamente solubile, esente da contaminanti, in forma micronizzata e insapore.

Differenze tra leg curl prono e seduto.
Un lavoro diretto sui muscoli ischiocrurali(femorali) è di fondamentale importanza al fine di aumentare la taglia muscolare, migliorare la performance atletica e ridurre la probabilità all’infortunio.
Non tutti gli esercizi sono uguali. Le esistenti variabili possono incidere in maniera completamente differente. Questo è il caso del leg curl.
A causa della natura bi-articolare dei muscoli del femorale, una posizione di simultanea flessione dell’anca ed estensione del ginocchio è richiesta al fine di massimizzare la tensione meccanica applicata su questi muscoli.
Il leg curl, e le differenti varianti, operano prettamente attraverso un movimento di flessione dell’articolazione del ginocchio, mantenendo stabile l’articolazione dell’anca. Ciò evidenzia come il grado di flessione dell’anca potrebbe giocare un potenziale fondamentale ruolo nella massimizzazione dello stimolo ipertrofico.
Sono differenti i punti da prendere in considerazione al fine di valutare il leg curl e le sue varianti.
- Profilo di resistenza dell’esercizio (Leg curl in questo caso);
- Vantaggio meccanico tra muscoli ischiocrurali (architettura muscolare e moment arm);
- Muscoli allenati in allungamento (long muscle length).
Vediamo questi punti nel dettaglio.
Profilo di resistenza del leg curl.
Le differenti macchine in commercio (a carico libero o con sistema di pulegge) possono implicare differenze nel profilo di resistenza della macchina. Infatti, generalmente, l’esecuzione del leg curl tramite la classica macchina a cavi, implica un profilo simile per tutto il movimento.
Questo non significa che lo sforzo, o meglio, la tensione applicata sui muscoli interessati è uguale per tutto il movimento. Differentemente avviene attraverso l’utilizzo di macchine a carico diretto dove, in genere, il profilo della resistenza risulta essere crescente a maggiori gradi di flessione del ginocchio (dipende da come è costruita la macchina).
Vantaggio meccanico tra muscoli ischiocrurali.
Differentemente dai muscoli del quadricipite, gli ischiocrurali mostrano una struttura diversa tra loro. Anche se ancora non è ben chiaro il motivo di ciò, una ipotesi potrebbe essere collegata al differente numero di attività da effettuare attraverso un ampio range di movimento e brevi velocità di contrazione.
Questa differenza non la si ritrova nel moment-arm dei muscoli ischiocrurali mostrando un simile lunghezza nel movimento di estensione d’anca. L’unica differenza può essere assoggetta al capo lungo del bicipite femorale (zona laterale), il quale mostra la migliore leva a maggiori gradi di estensione dell’anca. Mentre, il semitendinoso mostra una migliore leva quando l’articolazione dell’anca di trova ad una posizione flessa.
Questo potrebbe evidenziare come scegliere di eseguire un esercizio che ha una maggiore tensione in una posizione estesa dell’anca (back extension orizzontale) potrebbe influenzare maggiormente il bicipite femorale, mentre, se il picco di contrazione avviene ad anca flessa (es. Romanian deadlift) risulterà meglio coinvolto il semitendinoso.
Muscoli allenati in allungamento.
Diversi studi mostrano come i muscoli ischiocrurali beneficiano dal punto di vista ipertrofico di un maggior stato di allungamento.
Infatti, sembra proprio che, come buona parte dei muscoli del lower body, e non solo, i femorali siano soggetti a tensione passiva durante movimenti ad alto grado di allungamento mostrando ulteriore stimolo ipertrofico.
La migliore scelta tra leg curl seduto, in piedi o disteso.
Come abbiamo visto differenti sono le variabili in gioco le quali possono influenzare un muscolo piuttosto che un altro.
Le varianti del leg curl pongono l’articolazione dell’anca in differenti posizioni (maggiormente flessa o estesa) e questo incide sullo stimolo ipertrofico risultante.
Essendo muscoli bi-articolari, gli ischiocrurali risultano essere non particolarmente sottoposti a tensione quando l’anca si trova in posizione estesa, come ad esempio nella variante seduta o distesa del leg curl. Seppur studi evidenziano la possibile presenza e formazione di ipertrofia regionale.
Come mostrato in questo studio, il leg curl seduto comporta un maggior stimolo ipertrofico rispetto al leg curl prono (posizione sdraiata) proprio a causa di una maggiore lunghezza raggiunta dal muscolo e, conseguentemente, una più alta tensione meccanica applicata su di esso. Sembrerebbe che i muscoli femorali, ad un elevato stato di allungamento, esperiscono un’addizionale tensione passiva.
Da evidenziare che, seppur il leg curl seduto implica un maggiore stimolo rispetto alle sue varianti (prono e in piedi), essendo che questo dipende dalla posizione dell’anca, una variazione di questa (maggiori gradi di flessione) potrebbe meglio stimolare i muscoli degli ischiocrurali, anche attraverso l’utilizzo di leg curl sdraiato o in piedi.
Infatti, semplici accorgimenti come un rialzo tramite pad sotto l’anca, per quanto riguarda la leg curl prona, o l’inclinazione del busto in avanti, per quanto riguarda le curl seduto, potrebbe determinare egualmente un adeguato stimolo ipertrofico.
I muscoli ischiocrurali (femorali) essendo bi-articolari sono soggetti a variazioni di stimolo in relazione alla posizione dell’articolazione dell’anca e articolazione del ginocchio.
Esercizi come il leg curl e sue varianti, sono altamente stimolanti sotto il profilo ipertrofico per i muscoli in questione.
Al contempo, specifici accorgimenti sono necessari al fine di massimizzare lo stimolo ceduto sui muscoli interessati.

Differenza tra leg press orrizzontale e 45°.
La leg press o pressa per le gambe è una macchina isotonica concepita per l’allenamento degli arti inferiori; più precisamente, per eseguire delle spinte o distensioni.
Si tratta di un esercizio multiarticolare – in quanto coinvolge sia l’ articolazione di anca e femore (coxo-femorale) che quella del ginocchio (femoro-tibiale+ patello-femorale) – finalizzato al potenziamento di cosce e glutei.
Attrezzo tra i più noti e diffusi, la leg press può inoltre presentarsi orizzontale o inclinata a 45° (leggermente diverse sul funzionamento e sull’impatto allenante).
La pressa per le gambe costituisce un esercizio (prevalentemente) complementare per i sollevatori di pesi e in tutti gli sport che richiedono una preparazione generale di forza degli arti inferiori.
Nel bodybuilding e fitness invece, soprattutto chi non ha la possibilità per ragioni anatomo-funzionali di eseguire squat e stacco da terra, la leg press viene considerata alla stregua di un esercizio “fondamentale”.
Come anticipato, la leg press può essere di due tipologie:
- Orizzontale: con un meccanismo di funzionamento più complesso;
- Inclinata a 45°: con un meccanismo di funzionamento più semplice.
Entrambe richiedono una postura seduta, con schiena appoggiata. I piedi vanno posizionati su una pedana, che riceverà la “spinta”.
La parte “che si muove” è diversa tra le due tipologie, perché differente è la struttura delle macchine.
- Nella pressa a 45° è la pedana a muoversi, direttamente caricabile mediante l’ausilio di sovraccarichi – classici dischi di ghisa;
- Nella pressa orizzontale invece, a muoversi è la seduta (grazie ad un sistema di guide o binari) rispettivamente collegata (da cavi o catene) ad una zavorra costituita da piastre (regolabile con un perno). Molte hanno un funzionamento “idraulico” (oleopneumatico), che permette il “pre-caricamento” grazie ad una leva e lo “scaricamento” grazie ad una valvola – “è più difficile a dirsi che a farsi”.
Che differenza c’è tra la leg press orizzontale e quella inclinata a 45°?
In linea generale:
- la leg press orrizontale ha un maggior carico sull’articolazione del ginocchio e un maggior coinvolgimento dei quadricipiti.
- la pressa per le gambe inclinata a 45° prevede una maggior estensione d’anca e un maggior coinvolgimento dei glutei e dei flessori della gamba.
Entrambe stimolano anche i flessori della gamba, adduttori e abduttori. A seconda del tipo, del movimento e del momento della spinta, essi hanno prevalentemente funzione di stabilizzazione o impattano direttamente sulla distensione.
Alzando l’appoggio dei piedi sulla pedana, aumentando la divaricazione, ruotando all’esterno le punte dei piedi e spingendo sui talloni, si aumenta l’enfasi sui glutei, sui flessori della gamba e sugli adduttori; viceversa, si migliora il focus sui quadricipiti.
Gli errori più comuni nell’esecuzione della leg press sono:
- Partire con un appoggio non simmetrico;
- Partire con un appoggio non adeguato, o dal punto di vista dell’obbiettivo dell’allenamento, o su piano funzionale – snaturamento posturale;
- Giungere a una raccolta eccessiva delle cosce, che può determinare un carico eccessivo sul tratto lombare – e, nella migliore delle ipotesi, conseguente dolore alla schiena.
- Giungere a un’iperestensione del ginocchio, che può determinare un carico eccessivo sulle strutture di stabilizzazione – e, nella peggiore delle ipotesi, rottura delle stesse;
- Eseguire accelerazioni e decelerazioni eccessive;
- “Cheattare” spingendo sulle ginocchia con le braccia.

Addominali e mal di schiena: quali scegliere.
Uno dei motivi più comuni per cui le persone richiedono la fisioterapia è il mal di schiena (o lombalgia). Il mal di schiena è uno dei disturbi più comuni nel mondo moderno e può avere diverse cause. Il mal di schiena non è quasi mai causato da un singolo problema. Fatta eccezione per eventi traumatici dove ad esempio si crea una frattura di una vertebra o si compie uno sforzo o una movimento in modo sbagliato, in mal di schiena è molto spesso un disturbo multi fattoriale.
Può essere causato da alterazioni della postura e del movimento, da un ernia del disco che comprime un nervo o più semplicemente da una contrattura muscolare. Vista in questi termini il mal di schiena sembra una patologia relativamente semplice da gestire, purtroppo però le cose si complicano se scendiamo più in profondità nell’aspetto clinico. Infatti se abbiamo una risonanza magnetica che presenta un ernia del disco L5-S1 come succede in molti casi non possiamo attribuire con certezza il dolore a questa alterazione anatomica. Molto spesso ci sono ernie asintomatiche ed il dolore invece è causato da aspetti muscolari o mio-fasciali, che a loro volta possono essere causato da alterazioni del movimento o addirittura da alterazioni ereditarie a carico della colonna. Insomma, dobbiamo capire con l’aiuto di un fisioterapista specializzato, quale è la vera causa del nostro mal di schiena.
In alcuni casi il mal di schiena può essere causato da problemi viscerali altre volte può essere accentuato da un periodo di intenso stress e diventare cronico. In questi articoli cerchiamo di spiegare in modo semplice, ma senza mai banalizzare, concetti sui quali anche il pareri dei clinici e della comunità scientifica sono in continua evoluzione. Quello che ad oggi possiamo affermare con sicurezza è che il movimento come prevenzione e l’esercizio terapeutico come cura sono alla base di percorsi terapeutici più articolati di cui possono far parte tecniche di osteopatia, terapia manuale o terapia mio-fasciale, massoterapia o terapie fisiche come le più note Tecarterapia o la laserterapia.
Il mal di schiena può manifestarsi come un dolore muscolare sordo nella parte bassa della schiena o un dolore intenso e acuto che influisce sulla capacità di piegarsi o di stare in piedi. Il dolore alla schiena può derivare anche da muscoli e legamenti che circondano la colonna vertebrale, ma può anche derivare da problemi strutturali alle ossa della colonna stessa. Esistono diverse opzioni per il trattamento del mal di schiena, ma, in primo luogo, la comprensione delle cause e dei sintomi è la chiave per prevenirlo.
Il trattamento della lombalgia di solito si concentra sugli obiettivi comuni di diminuire il dolore, aumentare la gamma di movimento e migliorare la funzione. In generale, le buone abitudini per prevenire il mal di schiena sono:
Fare stretching regolarmente. Molti di noi trascorrono la maggior parte della giornata seduti alla scrivania o sul divano. Fare stretching per alcuni minuti al giorno può essere molto utile.
Perdere peso se necessario. Essere in sovrappeso mette a dura prova la schiena.
Dormire a sufficienza. Esattamente come la mente, anche la colonna vertebrale ha bisogno di riposo, sostiene il peso della schiena. Bisogna fare quindi del sonno una priorità.
Adottare le tecniche appropriate quando si solleva qualcosa. Usare la forza delle gambe invece di quella della schiena per sollevare qualcosa da terra.
Molto spesso si associa la lombalgia a una debolezza dei muscoli addominali e per questo si propongono esercizi preconfezionati, il cui scopo è quello di allenare in modo diretto esclusivamente quel distretto corporeo, sperando che il suo rinforzo possa portare alla scomparsa dei sintomi da lombalgia. Le cose non stanno proprio così. Anche se problematiche di comune mal di schiena possono essere dovute, effettivamente, a debolezza e atrofia di vari muscoli del “core”, ciò non significa che rinforzarli sia un’automatica soluzione del problema. Prima di addentrarci nel discorso vediamo nel dettaglio l’anatomia e le funzioni degli addominali e capiamo il concetto di core stability. I muscoli che controllano direttamente o indirettamente la colonna devono funzionare come un’orchestra. Deve esserci un coordinamento preciso durante i vari movimenti e se questo viene meno la colonna può avere delle sollecitazioni sbagliate che possono determinare la comparsa dei sintomi. Ma gli addominali sono solo uno degli strumenti della nostra orchestra.
Addominali come sono fatti e a cosa servono.
L’addome è un ampio segmento del tronco che si trova tra il torace e il bacino. All’interno dell’addome alloggiano gli organi che assicurano le funzioni della nutrizione. La regione addominale è sostenuta dalla parete addominale anteriore e posteriore che sostiene le viscere e mantiene la postura, laddove non c’è supporto osseo, legamentoso e muscolare. I muscoli della parete addominale antero-laterale e i muscoli della parete addominale posteriore, comunemente chiamati muscoli della cintura addominale, circondano la cavità addominale.
FUNZIONI DEGLI ADDOMINALI
Le funzioni dei muscoli delle pareti addominali sono: Fornire un supporto muscolare tonico ed elastico per i visceri. Abbassare la gabbia toracica durante l’espirazione. Proteggere i visceri da eventuali colpi, formando una rigida parete protettiva. Prendere parte agli sforzi espulsivi di minzione, defecazione, parto, vomito, canto e tosse. Prendere parte all’inizio del movimento di piegamento del tronco in avanti. Prevenire l’iperestensione della schiena. Sollevare il bacino e gli arti inferiori. Piegare lateralmente la colonna vertebrale e assisterla nella sua rotazione.
ANATOMIA DEGLI ADDOMINALI
I muscoli della parete addominale antero-laterale si estendono al di sotto del torace, nella parte davanti e laterale dell’addome; a questo raggruppamento appartengono i muscoli più rappresentativi della muscolatura dell’addome.
Si dividono in:
Il muscolo retto dell’addome.
Il muscolo obliquo esterno.
Il muscolo obliquo interno.
Il muscolo trasverso dell’addome.
Il muscolo retto dell’addome è un muscolo lungo situato sul lato anteriore della parete addominale. Questo si estende verticalmente su entrambi i lati della linea bianca, una fascia di tessuto connettivo che divide verticalmente le due metà del muscolo. Nelle persone con una bassa percentuale di grasso corporeo, è chiaramente visibile sotto la pelle e forma il famoso “six pack”. Si estende dalla gabbia toracica all’osso pubico. Il retto dell’addome flette il tronco in avanti e gioca un ruolo nell’espirazione forzata, nella defecazione, nella minzione e nel parto. Questo muscolo oltre a stabilizzare e controllare l’inclinazione del bacino, svolge anche un ruolo nella protezione degli organi interni.
Gli obliqui esterni dell’addome sono muscoli situati ai lati della parete addominale. Insieme agli obliqui interni dell’addome e al trasverso dell’addome, formano i muscoli addominali laterali. Il muscolo obliquo esterno dell’addome svolge una varietà di funzioni a seconda che sia contratto unilateralmente o bilateralmente. Quando si contrae unilateralmente ruota il tronco verso il lato opposto e contribuisce alla flessione laterale del tronco. Quando si contrae bilateralmente flette il tronco in avanti. Quest’azione aumenta anche il tono della parete addominale e consente una pressione intra-addominale più forte, contribuendo così a vari processi fisiologici come l’espirazione forzata, la minzione, la defecazione.
L’obliquo interno dell’addome è un muscolo grande e sottile situato sulle pareti laterali dell’addome. Come suggerisce il nome, la direzione delle sue fibre è orientata obliquamente, perpendicolarmente a quelle dell’obliquo esterno dell’addome. Insieme agli altri muscoli della cintura addominale, l’obliquo interno è importante per il movimento del torace, per mantenere la tensione addominale e aumentare la pressione intra-addominale. Insieme agli altri muscoli della fascia addominale, l’obliquo interno svolge un ruolo importante nel mantenere la tensione nella parete addominale. Pertanto, la costruzione muscolare in questi muscoli ha un ruolo sia di protezione, che di supporto. Inoltre, una mancanza di tono nei muscoli obliqui interni dell’addome o di altri muscoli addominali aumenta il rischio di un’ernia addominale.
Il muscolo addominale trasverso (trasverso dell’addome) è il muscolo più profondo della fascia addominale. Il muscolo trasversale dell’addome può essere semplicemente descritto come il corsetto naturale del nostro corpo, che circonda le viscere, inserendosi nella colonna vertebrale e nelle costole. In altre parole, è il muscolo che lavora per avere una pancia piatta! Il muscolo trasversale dell’addome lavora in co-contrazione con il diaframma per espirare. Agisce anche in co-contrazione con i muscoli del pavimento pelvico, ed è quindi un target essenziale per qualsiasi riabilitazione post-partum. Inoltre, è anche un attore importante nelle principali funzioni biologiche: defecazione, vomito, parto o processi di respirazione.
Core Stability
Il termine inglese Core (centro, base), sta a indicare quella regione del corpo formata dai muscoli addominali, spinali, del pavimento pelvico e dell’anca, che lavorano insieme per fornire stabilità in posizioni stazionarie e in movimento. Per migliorare la forza e l’efficienza di questi muscoli sono stati quindi progettati degli esercizi di stabilità (da qui core stability). Questi muscoli, infatti, devono lavorare tutti insieme per fornire una base stabile sulla quale braccia e gambe possano muoversi in modo coordinato.
Proviamo a pensare alle nostre braccia e alle nostre gambe come a delle catapulte e di volerle usare per sparare a un bersaglio. Se la catapulta si trova su una solida base di cemento (il nostro core), si può mirare con precisione e si muoverà in maniera prevedibile, così da colpire il bersaglio ogni volta. Se, tuttavia, la catapulta si trova su un blocco di gelatina (scarsa stabilità del core), è impossibile mirare con precisione. La catapulta si muoverà in un modo leggermente diverso ogni volta che verrà sparata.
Allenare gli addominali è la soluzione al mal di schiena?
Per rispondere a questa domanda c’è una doverosa informazione da dare, la stabilizzazione della nostra colonna vertebrale avviene grazie a a tre diversi sistemi:
Uno è il sistema passivo, che include tessuti non contrattili come ossa e legamenti.
Il secondo è il sistema attivo, che comprende tessuti contrattili come muscoli e tendini, necessari per stabilizzare la colonna vertebrale e produrre movimento.
Il terzo è il sistema di controllo del motore.
Questo può essere pensato come la nostra capacità di accendere e spegnere i muscoli richiesti nella misura corretta e al momento appropriato. Quindi l’allenamento terapeutico del core implica un impegno dei gruppi muscolari coinvolti ma anche del sistema nervoso. Il nostro sistema nervoso è la centralina di controllo di tutte le attività del nostro corpo e un’ alterazioni di questo complesso sistema di attivazione e verifica del movimento può creare le condizioni per il sovraccarico di alcune strutture e fino al presentarsi dei sintomi.
Quando uno dei tre sistemi precedenti viene a mancare, si parla d’instabilità della colonna vertebrale. Questo potrebbe includere fattori quali: una lesione al tessuto stesso, una resistenza muscolare insufficiente, uno squilibrio muscolare o uno scarso controllo motorio. In molte persone con lombalgia è, infatti, comune vedere atrofia dei muscoli di stabilizzazione della colonna vertebrale, scarsa resistenza muscolare, squilibrio muscolare o attivazione ritardata dei muscoli di stabilizzazione.
Quindi tornando agli addominali, quando si progetta un programma di esercizi per migliorare la condizione di mal di schiena è importante concentrarsi sul miglioramento del controllo motorio e della resistenza muscolare piuttosto che cercare di migliorare la forza muscolare a carichi più elevati.
Esercizi quali il crunch o il sit up o il sollevamento gambe, andranno ad allenare gli addominali, ma da soli non risolveranno il tuo problema di mal di schiena. Un percorso terapeutico completo prevede anche la terapia manuale ed altri esercizi specifici per il tuo caso.
La core Stability è la soluzione al mal di schiena?
Problematiche di comune lombalgia possono essere dovute a debolezza e atrofia di vari muscoli del “core”, però questo non si traduce in un’automatica soluzione del problema.
La colonna vertebrale è fatta per muoversi e piegarsi e l’idea della stabilità del core può impedirlo. La teoria della stabilità del core potrebbe promuovere comportamenti paurosi e indurre alcuni a diventare iperprotettivi nei confronti del mal di schiena. Detto questo non va dimenticato che l’esercizio fisico è uno strumento davvero importante per aiutare a gestire la lombalgia.
La fisioterapia si concentra principalmente sul riapprendimento motorio o sull’imparare ad attivare i muscoli corretti al momento opportuno e sul miglioramento della resistenza di questi muscoli. Affidati a un fisioterapista per individuare il programma personalizzato di esercizi per combattere il mal di schiena.

Integratori utili per il benessere psicofisico.
Non serve una lista dei pro e contro per capire se è bene assumere i migliori integratori per la stanchezza mentale. Che sia a causa delle poche ore di sono accumulate, dei cambi stagione o di un forte periodo di stress personale o lavorativo, è facile accusare momenti di difficoltà mentale.
Sensazioni di tristezza, stanchezza e spossatezza anche mentale, riconducibili sostanzialmente a un generale calo energetico sono i principali sintomi di questo momento che accomuna molti.
Ci sentiamo privi di forze, svogliati, disattenti e affaticati. Ciò può dipendere da varie situazioni: professioni faticose, fisicamente logoranti o mentalmente stressanti, periodi di convalescenza, insufficiente riposo notturno, stile di vita poco bilanciato, momenti di stress, o semplicemente dall’età che avanza. Con il passare del tempo, l’organismo infatti si può trovare in condizioni di squilibrio energetico e a gestire un rallentamento delle proprie capacità cognitive e di attenzione. Stanchezza mentale e affaticamento sono dunque condizioni abbastanza frequenti che non devono spaventare.
Quando il nostro organismo non riesce a produrre l’energia necessaria ad affrontare le giornate, il nostro organismo e la nostra mente si affaticano, con la comparsa di alcuni sintomi come la mancanza di concentrazione e attenzione, i vuoti di memoria, il mal di testa, la sonnolenza diurna e un diffuso nervosismo.
Con i giusti comportamenti e l’aiuto di qualche integratore, possiamo ritrovare la nostra energia e lucidità mentale.
Fondamentale, come prima cosa, è l’ alimentazione. Non rinunciamo a una dieta equilibrata, non saltiamo i pasti né abbuffiamoci.
Introduciamo regolarmente tutti i nutrienti di cui il nostro organismo necessita, grassi compresi. Se ci attende una giornata pesante di studio o lavoro, non dimentichiamo di fare una buona colazione, abbondante e ricca di carboidrati complessi, prima e importante fonte energetica spendibile durante la giornata.
Non sottovalutiamo l’attività fisica. Anche se gli impegni sono tanti e il lavoro ci tiene parecchie ore al computer, ritagliamoci – tutti i giorni – almeno una mezzora per muoverci. Non servono grandi sforzi o allenamenti massacranti, una passeggiata a passo spedito è più che sufficiente se fatta con regolarità. Quando siamo particolarmente stressati il rischio di burnout elevato, non dobbiamo arrivare a questi punti.
Infine, last but not least come si usa dire, non trascuriamo il sonno, sia in termini quantitativi che qualitativi. Non basta dormire, bisogna dormire bene e riposare per permettere al nostro organismo e alla nostra mente di ricaricarsi. In particolare, cerchiamo di stabilire una routine del sonno andando a dormire e alzandoci grossomodo sempre alla stessa ora.
Inizia con fare questi accorgimenti sul tuo stile di vita. Migliorata la quotidianità potrai prendere in considerazione l’ utilizzo di alcuni integratori che se presi a periodi possono darti una mano anche se non faranno mai la differenza.
In commercio ne esistono molti e potrai farti consigliare anche in una semplice farmacia in base alle tue esigenze ma ricorda quanto detto prima: senza uno stile di vita adeguato l’integratore non ti potrà aiutare in niente.
Marco Frassinelli.

Proteine e danni renali: la verità.
Per chi si allena in palestra le proteine svolgono un ruolo importante nell’alimentazione. La loro assunzione, per migliorarci a livello fisico, è maggiore in un soggetto attivo rispetto ad uno sedentario, quando soprattutto abbiamo come obiettivo quello di avere un’aumento della massa muscolare o la riduzione della massa grassa.
Nonostante ciò sono tante le volte che sentiamo dire che una dieta iperproteica possa provocare nel tempo danni ai nostri reni ma sarà vero?
In caso di patologie renali è consigliato ridurre l’apporto proteico ma finché si hanno reni in salute non ci sono prove ancora evidenti che un elevato apporto proteico possa danneggiarli.
In questo articolo vedremo quali sono le malattie che vengono spesso associate ad un elevato consumo di proteine e capiremo se effettivamente troppe proteine possano fare male
Coloro che praticano sport di forza e potenza consumano molte proteine, nonostante ciò non vi è stata nessuna dimostrazione che queste persone corrano un maggior rischio di patologie o problemi legati ai reni.
Spesso sono gli atleti stessi ad avere dubbi se assumere troppe proteine possa fare male, poiché sono loro stessi che a differenza di un soggetto sedentario devono assumerne di più.
Per avere un’idea un corretto apporto proteico negli atleti e in persone che praticano attività sportive diverse volte a settimana varia tra 1,5 e 2 g per peso corporeo.
Patologie legate all’eccessivo consumo di proteine
Calcoli renali
Le diete ad alto contenuto di proteine sono spesso state accusate come la causa della creazione di calcoli renali. I calcoli renali non si creano solo in base alla nostra alimentazione ma bensì a diversi fattori come anomalie metaboliche o genetiche della persona.
Non ci sono perciò prove che una dieta iperproteica possa essere la causa della creazione di calcoli renali.
Patologie cardiovascolari
Eventuali problemi cardiovascolari sono stati individuati in soggetti che consumano eccessiva carne rossa, soprattutto dovuto alla presenza di grassi saturi che contiene ma non al loro valore proteico, quindi da escludere anche in questo caso le proteine come la causa di malattie cardiovascolari.
Sono tante invece le ricerche che evidenziano come un aumento del consumo di proteine favorisca la perdita di peso e di quanto sia importante aumentare il loro introito per coloro che praticano attività sportive intense.
Decalcificazione delle ossa
Secondo alcuni studiosi un elevato consumo di proteine può portare ad una riduzione della calcificazione ossea. Questo perché le proteine animali contengono numerosi amminoacidi solforati, che tendono ad aumentare il rilascio di calcio dalle ossa.
Nonostante ciò questa teoria deve essere rivista in quanto diverse ricerche hanno dimostrato che la densità ossea di chi consuma proteine è simile a quella di chi consuma proteine moderatamente e che addirittura siano meno soggetti a fratture.
Problemi ai reni
Si ritiene che un eccesso di consumo di proteine può causare danni ai reni. Quello che è stato però dimostrato è che il consumo di proteine modifica solo la funzionalità renale. L’iperfiltrazione in soggetti che seguono diete iperproteiche è un processo adattativo del tutto naturale e non comporta rischi.
Sono stati fatti studi legati all’assunzione elevata di proteine e il risultato è stato che il consumo a lungo termine di maggiori quantità di proteine non ha assolutamente un impatto negativo sulla normale funzionalità dei reni.
Alcuni studi invece hanno dimostrato che le persone affette da patologie renali hanno difficoltà ad eliminare l’azoto e quindi di conseguenza devono ridurre il loro consumo di proteine.
Problemi al fegato
Anche in questo caso nessuno studio scientifico ha confermato eventuali danni epatici derivanti dal consumo di proteine. In soggetti che soffrono di patologie epatiche come cirrosi, epatiti ecc. vengono date diete specifiche oltre alla riduzione del consumo di proteine poiché il fegato non è in grado di metabolizzarle correttamente.
Quindi assumere troppe proteine non fa male?
Non esattamente. Bisogna innanzitutto capire cosa s’intende per “troppo” poiché la quantità totale di proteine da assumere nel nostro fabbisogno giornaliero è soggettiva e varia da persona a persona in base a determinati fattori come: età, peso, metabolismo basale, patologie, attività fisica, obiettivi ecc. Non esiste perciò un quantitativo preciso.
Consultare un medico può aiutare a farci capire quante proteine consumare in base a tutti questi fattori.
Marco Frassinelli